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Il Gruppo Randstad pubblica il Report Integrato 2022, le azioni per la responsabilità economica, sociale e ambientale.

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Oltre 2,231 miliardi di euro di fatturato 2022, in crescita del 13%. Una media di 59.500 lavoratori assunti ogni settimana con contratto di somministrazione, di cui 25.681 a tempo indeterminato, beneficiari complessivamente di 344.243 ore di formazione. Ma anche 29.100 persone assunte nelle aziende attraverso l’attività di ricerca e selezione e 15.000 studenti orientati nelle scuole di tutta Italia. In totale, si contano ben 214.826 contratti di lavoro attivati nel corso del 2022 per 129.283 lavoratori italiani, in crescita del 9% rispetto all’anno prima.

Sono alcuni numeri del Gruppo Randstad in Italia, illustrati nel Report Integrato “Insieme per il lavoro che ti fa sentire bene”, pubblicato oggi. Un rapporto che riassume nel dettaglio tutte le azioni per la responsabilità economica, sociale ed ambientale adottate dalla società specializzata nella ricerca, selezione, formazione e somministrazione di personale.

Randstad oggi può contare su 275 filiali in tutto il territorio nazionale, un’organizzazione composta da 3.170 dipendenti diretti (oltre 730 nuovi assunti in un anno), di cui il 77% donne, che ricoprono per il 50,7% posizioni di senior manager. Persone beneficiarie di importanti misure di welfare, tra cui diverse azioni per il sostegno alla genitorialità, con 506.000 euro di contributi per l’asilo nido erogati in un anno e 370.000 euro di contributo alla natalità, per un tasso del 96,6% di rientro al lavoro dopo il congedo parentale e una retention del 100% a un anno dal rientro.

Ma sono tanti anche i progetti per favorire la diversity e l’inclusione sociale, tra cui spicca il sostegno a 822 rifugiati ucraini, per cui sono stati ideati percorsi specifici di formazione e di inserimento lavorativo nell’ambito del progetto “Without Borders”. E poi c’è l’impegno per il pianeta, con il 99,98% di energia elettrica acquistata da fonti rinnovabili, l’80% delle giornate lavorabili in modalità smart working e un “decalogo ambientale” di riferimento su comportamenti green con l’obiettivo di raggiungere zero emissioni entro il 2050 a livello globale.

“‘Insieme per il lavoro che ti fa sentire bene’ è il nostro impegno concreto nell’aiutare le persone a trovare un lavoro, non come pura necessità, ma come opportunità di crescita, valore e dignità per la persona stessa, per la propria famiglia e per la comunità – dice Marco Ceresa, Amministratore Delegato di Randstad Group Italia – Group CEO di Randstad in Italia -. La sostenibilità si traduce in iniziative concrete di sostegno, cura e benessere delle persone. Di fronte a una situazione geopolitica complessa, crisi demografica e profonde trasformazioni in atto nel lavoro, abbiamo rafforzato la nostra presenza sul territorio, fatto evolvere lo smart working a strumento diffuso e realizzato percorsi di formazione per le nostre persone e i giovani che si affacciano al mondo del lavoro. Abbiamo continuato ad investire e allo stesso tempo scelto di contribuire alla questione demografica, rafforzando le misure per la genitorialità. Ci siamo adoperati per il sostegno ai rifugiati ucraini, con percorsi specifici di formazione e di inserimento lavorativo”.

Parità di genere. In Randstad un manager su due è donna e già nel 2011 l’agenzia è stata la prima a ricevere la certificazione GEES (Gender Equality European Standard), che attesta i risultati in termini di pari opportunità a uomini e donne, poi diventata GEEIS – Diversity (Gender Equality European & International Standard), che certifica le performance nella tutela e valorizzazione di tutte le diversità. Randstad osserva, monitora e guida la crescita delle proprie persone anche da un punto di vista di diversità di genere. In fase di ingresso in azienda valuta il valore della posizione che la persona va a ricoprire per offrire un pacchetto retributivo indipendentemente dalla RAL di partenza. A fine 2022 è stato avviato il processo per la certificazione Parità di genere UNI PdR 125:2022, ottenuta nel 2023.

Diversity & Inclusion. Randstad propone mensilmente alle proprie persone una survey, per capire quanto  si sentono in un’azienda capace di garantire pari opportunità valorizzando le diversità,  lavorando sull’inclusione e sulla non discriminazione. L’ED&I Council (Equity, Diversity & Inclusion Council) si incontra mensilmente per affrontare i temi legati all’inclusione e alla diversità, assicurando il rispetto di questi principi come fondanti della cultura aziendale. Randstad sostiene la Pride Week per portare in azienda occasioni di sensibilizzazione e partecipazione attiva rispetto all’orientamento sentimentale.

Randstad Without Borders. Il Progetto Without Borders nel 2022 ha raggiunto 1.571 migranti e rifugiati di cui 1.448 coinvolti in percorsi di formazione, per agevolare l’inserimento lavorativo, valorizzando le loro competenze e puntando sul valore aggiunto che può portare la diversità culturale in un mondo del lavoro in continuo cambiamento. Nel 2022, in totale sono stati organizzati 207 corsi online e in presenza e 356 persone hanno avuto accesso a bilanci di competenze.

Milano è la città più smart d’Italia

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Nei prossimi 5 anni le Smart City creeranno 350mila posti di lavoro. È uno degli elementi che emerge dello Smart City Index 2018, il rapporto di EY che analizza le 117 città capoluogo italiane, classificando il loro sviluppo in termini di reti e infrastrutture intelligenti e misurando la loro capacità di innovare e offrire servizi di qualità ai propri cittadini.

Già oggi lo sviluppo delle tecnologie IoT (Internet of Things) ha generato un mercato pari a 3,7 miliardi di euro. Inoltre si stima che circa il 40% dei 2,5 milioni di posti di lavoro previsti nei prossimi cinque anni saranno creati proprio nelle città. Di questi oltre 350.000 saranno ad elevata specializzazione, legati ai diversi comparti della Smart City. Anche la nascita di nuove imprese trova nelle principali città l’ambiente più fertile per il loro sviluppo: circa 6.000 startup e 400 tra incubatori e co-working sono collocati in ambienti urbani di medie e grandi dimensioni. Le Smart City sono infatti più attrattive e più competitive della media delle città italiane e rappresentano un volano significativo dell’economia del Paese. Ma occorre conoscerne a fondo le tecnologie. In particolare ci sarà bisogno di esperti di infrastrutture di rete, sensoristica, piattaforme dati, applicazioni mobili e web. “Per i servizi delle Smart City serviranno nuove competenze figitali e c’è il rischio che vengano a mancare” dice Donato Iacovone, Amministratore Delegato di EY in Italia e Managing Partner dell’area Mediterranea. Vediamo dunque da quali elementi tecnologici sono caratterizzate le nostre città intelligenti e quali sono le più efficienti.

SMART CITY INDEX EY 2018, MILANO SI CONFERMA N.1

Milano è la città più smart d’Italia, seguita da Torino, al secondo posto, e da Bologna, al terzo. Anche quest’anno il podio resta saldamente nelle mani delle grandi città del Nord Italia. Milano, grazie soprattutto alle sue infrastrutture di trasporto pubblico e alle sue piattaforme digitali, accelera e soppianta Bologna, in testa alla classifica 2016, quale città leader, posizionandosi come città più smart e innovativa, in grado di confrontarsi alla pari con le città metropolitane delle altre regioni industriali europee.

EcoHackaton di Legambiente: una non-stop di 24 ore per i giovani che vogliono l’economia circolare

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Premi fino a mille euro e partecipazione gratuita, nella cornice di MIND Social Innovation Academy a Milano

Legambiente: “EcoHackaton unisce mondi diversi per sviluppare soluzioni creative e innovative a beneficio dell’economia circolare.”

Aperte oggi le iscrizioni (gratuite) per la prima edizione di EcoHackathon, l’innovativo e coinvolgente evento dedicato alla sostenibilità e alla circolarità ideato da Legambiente Lombardia.

Dedicato ai giovani dai 18 ai 35 anni e organizzato con l’obiettivo di promuovere la nascita soluzioni progettuali nuove e sostenibili per l’economia circolare, EcoHackathon si articolerà in tre Challenge incentrate sulle tre R dei rifiuti: Riduzione, Riuso e Riciclo. Per i vincitori sono in palio premi pari a mille euro.

I partecipanti vivranno insieme un’esperienza totalizzante lunga 24 ore, ospitati presso la Social Innovation Academy di Fondazione Triulza nel quartiere MIND di Milano. Obiettivo è trovare soluzioni concrete per risolvere le difficoltà del ciclo dei rifiuti, con l’aiuto di professionisti di differenti ambiti nelle 24 ore della sfida, ma essendo già coinvolti in un percorso propedeutico per arrivare già a metà dell’opera. EcoHackaton è un’occasione per imparare, conoscere, scambiare idee ma anche divertirsi insieme a persone accomunate dagli stessi interessi e passioni.

“Vogliamo creare un evento per giovani talenti, in particolare puntiamo ad avere in competizione un centinaio di ragazzi, soprattutto universitari, capaci di portare idee nuove, concrete a favore di nuovi approcci alla sostenibilità” dichiara Barbara Meggetto Presidente di Legambiente Lombardia. “È soprattutto da loro che ci aspettiamo un pensiero più lucido e innovativo sui temi della circolarità, ma sarà importante anche indirizzarli al meglio.”

La data della sfida è a cavallo tra il 17 e il 18 aprile 2024 (i partecipanti sono invitati a dormire nella sede dei lavori), nella cornice della Social Innovation Academy di Fondazione Triulza, ente sostenitore dell’evento, nel nuovo quartiere MIND di Milano. Al termine dei lavori i gruppi dovranno sottoporre le loro idee progettuali a una giuria di esperti che valuterà la fattibilità, l’originalità e l’impatto positivo a livello ambientale. I tre Team vincitori, uno per Challenge, si aggiudicheranno premi dal valore complessivo di mille euro.

In preparazione all’evento in presenza, Legambiente Lombardia con la collaborazione di A2A e dei partner principali di EcoHackathon, Silea CEM Ambiente, proporrà nelle prossime settimane un ciclo di incontri online per formare i giovani iscritti, delineare i contorni delle Challenge e fornire un quadro dei risultati attesi.

Gli altri soggetti coinvolti come partner nell’evento sono Mantova Ambiente e Gruppo CAPFondazione Cariplo come patrocinatore e la Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile (RUS).

La partecipazione a EcoHackathon è totalmente gratuita.

Da oggi è possibile iscriversi attraverso il modulo disponibile sul sito di Legambiente Lombardia

https://www.legambientelombardia.it/eco-hackathon/

World Social Forum: dal 15 al 19 febbraio in Nepal a Kathmandu

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Legambiente in Nepal parteciperà all’evento internazionale per parlare di emergenza climatica e montagne in crisi. 

Dopo gli anni di Porto Allegre, Legambiente torna a partecipare al World Social Forum (WSF) che quest’anno si svolgerà a Kathmandu, in Nepal, dal 15 al 19 febbraio. Il WSF è l’incontro annuale dei movimenti della società civile per una globalizzazione alternativa, in contrapposizione con il Forum economico mondiale di  Davos (Svizzera). A Kathmandu si ritroveranno  movimenti e organizzazioni insieme a intellettuali e artisti provenienti da tutto il mondo. Più di 1200 sono le associazioni che si confronteranno sui grandi temi d’attualità, primo fra tutti la crisi climatica. Una grande alleanza che, nonostante le difficoltà, crede ancora nella possibilità di un mondo più equo e sostenibile.  

Anche in Nepal sta nevicando e piovendo sempre meno. Secondo il rapporto ICIMOD, sulle catene montuose dell’Hindu Kush Himalaya i ghiacciai si stanno riducendo a un ritmo senza precedenti e potrebbero perdere fino all’80% per cento del loro volume entro la fine del secolo se le emissioni di gas serra non saranno ridotte drasticamente. 

Qui come ovunque nelle alte quote si prevede che gli effetti del cambiamento della criosfera sui fragili habitat montani saranno molto acuti, con impatti a cascata e disastri per la maggior parte degli ecosistemi,  ma soprattutto con effetti pesantissimi sulle popolazioni che abitano le montagne. 

Una situazione che richiede un impegno collettivo sui nessi criosfera-idrosfera-biosfera-società. 

Per l’occasione Legambiente porterà in primo piano alcune sue esperienze e attività di punta – la campagna Carovana dei ghiacciai che da quattro anni monitora lo stato di salute dei ghiacciai alpini, il Manifesto per una governance dei ghiacciai e delle risorse connesse, già sottoscritto da importanti glaciologi ed esperti del clima, il report annuale Nevediversa e il documentario sull’agonia dei ghiacciai alpini – e presenterà un pacchetto di quattro proposte riguardanti i ghiacciai, il turismo in quota, l’importanza delle buone pratiche di adattamento e la questione dell’abbandono dei rifiuti. 

Proposte

Quattro le proposte che Legambiente presenterà al World Social Forum ricordando che l’emergenza climatica accumuna le vette di tutto il mondo.  

In particolare, l’associazione ambientalista proporrà:  

1) l’importanza di una alleanza internazionale per contrastare crisi climatica e agonia dei ghiacciai, che sulla scia del Manifesto europeo promosso in Italia da Legambiente, getti le basi per la nascita di un’alleanza e una governance internazionale per la difesa dei ghiacciai e delle risorse connesse in tutto il mondo inclusele vette più alte della Terra.  

2) L’impegno ad investire di più anche a livello internazionale su un turismo sostenibile in quota a partire da quello sugli ottomila;  

3) l’impegno a un supporto reciproco nella realizzazione di buone pratiche di adattamento; 

4)avviare più campagne di informazione e sensibilizzazione anche tra le comunità locali degli ottomila per sensibilizzare sul tema dell’abbandono dei rifiuti e dell’importanza di una corretta gestione.  

fonte www.legambiente.it

Agricoltori, il Wwf apre al dialogo: «La contrapposizione con gli ambientalisti non aiuta»

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È entrato oggi in vigore l’annunciato regolamento della Commissione Ue per concedere, in risposta alle proteste degli agricoltori in sella ai loro trattori, un’esenzione parziale dalla norma sull’obbligo di lasciare il 4% dei terreni a riposo. La deroga varrà per tutto l’anno in corso.

Al contempo anche dal Governo Meloni è arrivata una mancia in risposta alle proteste, che prevede una proroga biennale per l’esenzione dell’Irpef agricola per i redditi agrari e dominicali fino a 10mila euro, e la riduzione del 50% dell’importo per i redditi tra i 10mila e i 15mila euro.

Un provvedimento che «è stato proposto dal Governo su mio preciso indirizzo», sottolinea la premier Meloni, mentre il ministro Lollobrigida insiste sulla «revisione della direttiva Habitat, affinché, sulla base di dati scientifici, sia consentito contenere il numero dei grandi carnivori», in altre parole l’abbattimento dei lupi.

Ma evidentemente tutto ciò non è bastato a calmare gli animi, dato che per domani alle 15 è prevista una maxi sfilata degli agricoltori a Roma, coi trattori al Circo Massimo.

In questa girandola di proteste e prebende, il mondo ambientalista prova a mantenere acceso un faro di razionalità. Dopo gli interventi della coalizione #CambiamoAgricoltura e di Legambiente, il Wwf apre oggi le porte al dialogo con gli agricoltori in protesta, cercando di separare i temi legittimi da quelli pretestuosi quanto controproducenti.

«A chi produce il grano che diventa farina, pasta, biscotti sugli scaffali dei negozi al dettaglio va meno del 10% del costo finale sostenuto dal consumatore – denunciano gli ambientalisti del Panda – Le responsabilità di questa penalizzazione economica vanno cercate lungo tutta la filiera, non solo nell’industria e nella grande distribuzione, che di norma non acquistano le materie prime e i prodotti agricoli (frutta e verdura) direttamente dalle piccole e medie aziende agricole, ma anche tra i vari soggetti intermediari, come i consorzi agrari (oggi controllati per la maggior parte da Coldiretti) o le Organizzazioni dei produttori (Op)».

Rispetto a questi problemi, le concessioni del Governo sulla parziale esenzione Irpef «sono una goccia nel mare di problemi che gli agricoltori devono affrontare, spesso senza un adeguato supporto delle associazioni di categoria, compromesse da evidenti conflitti d’interesse».

Ma in tutto questo il Green deal, e in particolare le due strategie “Farm to Fork” e “Biodiversità 2030”, non hanno alcuna responsabilità. Semplicemente perché non hanno neanche iniziato a dispiegare i loro effetti.

«Queste due strategie – evidenzia nel merito il Wwf – sono ad oggi rimaste solo una enunciazione di principi senza una reale e concreta applicazione ai sistemi agricoli, non essendo stati approvati i vari strumenti attuativi, come nel caso del Regolamento per l’uso sostenibile dei pesticidi. Attribuire, quindi, al Green deal la responsabilità dei problemi degli agricoltori è una assurdità, una narrativa fuorviante, alimentata dai soggetti che hanno visto un rischio per i loro profitti negli obiettivi di riduzione dell’uso di pesticidi, fertilizzanti chimici e antibiotici».

In compenso la crisi climatica, che il Green deal si propone di combattere – senza dimenticare che un terzo del bilancio Ue è destinato proprio all’agricoltura, tramite la Pac – è già una realtà assai dolorosa: nella stagione agraria 2023, gli effetti devastanti del cambiamento climatico hanno determinato perdite di resa del 10% per i seminativi e fino al 70% per frutta e verdura.

«La transizione ecologica dell’agricoltura non potrà mai essere attuata contro gli agricoltori: al contrario, è essenziale un loro protagonismo attivo», rimarcano dal Wwf, ma non è possibile fare di tutta l’erba un fascio: «Non possono essere messi sullo stesso piano gli agricoltori e gli allevatori biologici con gli agricoltori che praticano una agricoltura avvelenata o gestiscono allevamenti intensivi. Questi ultimi sono poco propensi al cambiamento spesso per disinformazione, abitudine o strumentalizzazione da parte di chi ha interesse a vendere a caro prezzo mezzi tecnici, pesticidi e fertilizzanti chimici».

Per ottenere risultati utili alla transizione ecologica quanto agli agricoltori, dunque, occorre sgombrare il campo dagli equivoci: «Una contrapposizione tra agricoltori e ambientalisti sui temi della transizione ecologica non facilita la comprensione e la risoluzione dei problemi», rimarcano gli ambientalisti.

Per questo il Wwf Italia invita ad un confronto costruttivo i portavoce e i rappresentanti degli agricoltori a partire da quelli che domani manifesteranno a Roma.

«La nostra sede è aperta, pronta per accogliere una delegazione di agricoltori che animano questa protesta – dichiara Eva Alessi, responsabile Sostenibilità del Wwf – per avviare un dialogo sui temi della sostenibilità ambientale ed economica dell’agricoltura, che solo apparentemente ci vedono su fronti contrapposti».

I dati del report PENDOLARIA di Legambiente

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In Italia i servizi ferroviari regionali e il trasporto pubblico sono un tema del tutto secondario, insieme al Mezzogiorno e ai finanziamenti ad oggi insufficienti. Intanto mentre il numero dei viaggiatori torna a salire, il governo Meloni risponde con tagli e rimodulazioni. Nell’ultima legge di bilancio, approvata lo scorso dicembre, per la prima volta dal 2017 non sono stati neanche previsti fondi per il trasporto rapido legato a metro, tramvie, e filovie, così come per la ciclabilità e la mobilità dolce.

È quanto denuncia Legambiente con il nuovo report di Pendolaria, presentato oggi a Reggio Calabria nell’ambito della campagna Clean cities, che racconta in sintesi di un Paese caratterizzato da nodi irrisolti tra ritardi, convogli vecchi e lenti, e un divario sempre più forte tra nord e sud su qualità e quantità del trasporto su ferro. Grande dimenticato è il Mezzogiorno: qui le corse dei treni regionali e l’età media dei convogli sono anco­ra distanti dai livelli del resto d’Italia. Al Sud i treni sono più vecchi, l’età media dei convogli è di 18,1 anni, in calo rispetto a 19,2 anni del 2020 e dei 18,5 del 2021, ma ancora molto lontana dai 14,6 anni del nord. Due i casi record di “anzianità” dei parchi rotabili: in Molise l’età media è di 22,6 anni, in Calabria 21,4 anni.

Quattro delle dodici linee ferroviarie peggiori, segnalate da Legambiente nel 2024,  si concentrano al Sud, tra conferme e nuovi ingressi: le ex linee circumvesuviane (142 km, ripartiti su 6 linee e 96 stazioni, che si sviluppano intorno al Vesuvio, sia lungo la di­rettrice costiera verso Sorrento, sia sul versan­te interno alle pendici del Monte Somma, fino a raggiungere Nola, Baiano e l’Agro nocerino sarnese), la linea Catania- Caltagirone-Gela, e come new entry la linea Jonica che collega Taranto e Reggio Calabria, la linea adriatica nel tratto pugliese Barletta-Trani-Bari.

Altra nota dolente, riguarda le linee ferrovie chiuse e sospese ormai da anni: come quella della Palermo-Trapani via Milo (chiusa dal 2013 a causa di alcuni smottamenti di terreno), della Caltagirone-Gela (chiusa a causa del crollo del Ponte Carbone l’8 maggio 2011) o quelle delle linee a scar­tamento ridotto che da Gioia Tauro portano a Palmi e a Cinquefrondi in Calabria, il cui servizio è sospeso da 11 anni e dove non vi è alcun pro­getto concreto di riattivazione. In Sicilia sono 1.267 i km di linee a binario unico, l’85% del totale di 1.490 km, mentre non sono elettrificati 689 km, pari al 46,2% del totale. Imbarazzanti i tempi di percorrenza: ad esempio per andare da Trapani a Ragusa ci si impiegano 13 ore e 14 minuti, cambiando 4 treni regionali. In tutto ciò il dibattito pubblico e le risorse economiche per risolvere i problemi di mobilità del Mezzogiorno sembrano ruota­re attorno alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina con una spesa com­plessiva autorizzata di 11,63 miliardi di euro, suddivisi in 9 anni. Un’opera definita più volte da Legambiente inutile e insensata e dal forte impatto ambientale e paesaggistico.

 

Per questo l’associazione ambientalista lancia oggi da Reggio Calabria e Messina, dove si presenta Pendolaria con un doppio appuntamento (quello del pomeriggio sarà a Messina), un appello al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini: “il tema dei pendolari e del trasporto su ferro diventi una priorità. Il Sud, a partire dalla Calabria e dalla Sicilia, non ha bisogno del Ponte sullo stretto di Messina, ma di potenziare le linee ferroviarie con nuovi treni, di puntare su elettrificazione e collegamenti più veloci via terra, di migliorare il trasporto via nave con l’acquisto dei traghetti Ro-Ro (Roll-on/Roll-off) e convertire le flotte attuali in traghetti elettrici”.

“Bisogna – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – invertire la rotta e puntare su importanti investimenti per il no­stro Paese, a partire dal Mezzogiorno, finanziando le prioritarie infrastrutture: ossia nuove linee ferroviarie a doppio binario ed elettrificate, treni moderni, veloci, interconnessioni tra i vari mezzi di trasporto e con la mobilità dolce, garantendo accessibilità e uno spostamento dignitoso e civile. Il Governo Meloni non rincorra inutili opere come il Ponte sullo Stretto di Messina, ma pensi ai reali problemi di mobilità del Sud Italia e dell’intero Paese. Oggi la vera sfida da realizzare al 2030 è quella di un cambia­mento profondo della mobilità nella direzio­ne della decarbonizzazione e del recupero di ritardi e disuguaglianze territoriali.

 

“In Calabria e in Sicilia – dichiarano Anna Parretta, presidente Legambiente Calabria e Tommaso Castronovo presidente Legambiente Sicilia– si continua a viaggiare ed a spostarsi quasi come trenta anni fa. Il rapporto Pendolaria mette in luce il persistente divario infrastrutturale tra il Sud ed il Nord del Paese: circolano meno treni, i convogli sono mediamente più vecchi e si muovono su linee in larga parte a binario unico e non elettrificate con tempi di percorrenza che li rendono poco competitivi rispetto al trasporto su gomma. In Calabria ed in Sicilia servono collegamenti più sicuri e frequenti con l’adeguamento delle linee anche ai fini dell’alta velocità, treni tecnologicamente avanzati, stazioni rinnovate ed accoglienti. Quello di cui abbiamo bisogno è il triplo degli investimenti programmati, già da diversi anni, per migliorare ed ampliare l’offerta del servizio e il materiale rotabile oltre ad informazioni puntuali nel rispetto dei diritti dei passeggeri. Il Ponte sullo stretto oltre ad essere un’opera inutile, che drena ingenti risorse pubbliche e non risponde alle vere priorità di Calabria e Sicilia, è anche pericolosa perché sarebbe costruito in una zona ad alto rischio geotettonico e sismico e, sotto il profilo ambientale, metterebbe a rischio la conservazione di ambienti marini, costieri ed umidi di eccezionale bellezza”.

 

Scenario al 2030: Per Legambiente se davvero l’Italia vuole rispettare gli obiet­tivi del Green Deal europeo, del taglio delle emissioni del 55% entro il 2030 e al loro azzeramento entro il 2050, sarà necessario fino al 2030 prevedere nuovi finanziamenti pari a 500 milioni l’anno per rafforzare il servizio ferroviario regionale con l’acquisto e il revamping dei treni; 200 milioni l’anno per migliorare il servizio In­tercity o l’aumento di almeno 1 miliardo del Fondo Nazionale Trasporti (che fi­nanzia il trasporto su ferro e quello su gomma). Si tratta di una spesa alla portata del Paese attraverso un’attenta programmazione di finanziamenti europei, italiani e regionali. Le risorse si possono recuperare dai sussidi alle fonti fossili e inquinanti, oltre che ripensando a progetti stradali e autostradali dannosi per l’ambiente e per l’economia.

 

12 linee peggiori: Tornando al report e alle 12 linee ferroviarie peggiori 2024, oltre alle quattro del Meridione (ex linee circumvesuviane, la linea Catania- Caltagirone-Gela, la linea Jonica, la tratta Barletta-Trani-Bari), ci sono anche: la Roma-Lido, la Roma Nord, la Milano-Mortara, la Genova-Acqui-Asti (che vede ancora 46 km di binario unico sui 63 totali), la Verona-Rovigo, e come new entry la Ravenna-Bologna, la Pinerolo-Torino (linea tra le piemontesi con il maggior numero di utenti all’anno, è al tempo quella che registra ritardi e soppressioni a livello di servizio ferroviario metropolitano) e il suo proseguimento Pinerolo-Torre Pel­lice la cui riattivazione del servizio, sospeso nel 2012, era incluso nel contratto per il servizio ferroviario metropolitano siglato dalla Regione e RFI nel 2019, ma la procedura è ancora ferma alla fase progettuale; la Grosseto-Siena dove permangono ancora rallentamenti e disagi per i viaggiatori.

 

La beffa dei tagli al PNRR: Nel 2023 il PNRR, che prevedeva ampi interventi sulle ferrovie, è stato rimodulato. 620 milioni per velocizzare il corridoio Roma-Pescara sono stati bloccati dalle lungaggini dell’iter amministrativo; l’intervento sul segnalamento ferroviario Ertms, il sistema di sicurezza per le ferrovie di ultima generazione, è saltato per la mancanza delle materie prime; la Palermo-Catania non sarebbe rientra­ta in tempo per il completamento degli interven­ti nel 2026, ed è stata quindi rimodulata.

In totale, sul sistema di AV/AC al sud, 840 milioni di tagli: Orsara-Bovino (linea Napo­li-Bari) per 53 milioni, Caltanissetta Xirbi-Lerca­ra (linea Palermo-Catania) per 470 milioni, En­na-Caltanissetta Xirbi (linea Palermo- Catania) per 317 milioni. Per non depredare il sistema ferroviario delle molte risorse necessarie, la Or­te-Falconara e la Metaponto-Potenza, oltre ad altre tratte regionali, sono state incluse nei nuovi interventi previsti. Ridotti di un terzo i nuovi treni a idrogeno in acquisto: da 150 a 50.

 

Buone notizie: Una buona notizia per il Sud arriva dalla linea Bari-Bitritto, un progetto che risale al 1986 e l’inizio dei lavori al 1989. L’affidamento del servizio ferroviario, benché in ritardo rispetto all’inaugurazione prevista per settembre 2023, è avvenuto ma scadenzato. Legambiente auspica che il servizio sia presto potenziato fino a raggiungere pieni standard da metropolitana ferroviaria. Tra le altre buone notizie, continua il trend di ripresa del numero dei viaggiatori al giorno, anche se per il 2022, dai dati raccolti su base regionale, siamo ancora a circa il 25% in meno rispetto al 2019. Per il 2023 Trenitalia ha dichiarato, per i Frecciarossa, un +7% rispetto al 2019, per gli Intercity +10% rispetto al 2019, e per il trasporto regionale +18% sempre rispetto al 2019. Continua anche il piano di elettrificazioni di RFI, con l’ultima tratta realizzata, in ordine di tempo, la Roccaravindola-Isernia in Molise e la previsione di attivare circa 1.200 km di linea entro il 2026 e 54,6 km oltre il 2026, per un investimento complessivo che supera i 2 miliardi di euro.

 

Infine, un passaggio su alcune buone pratiche, che arrivano dal Trentino-Alto Adige, Piemonte, Emilia-Romagna e Basilicata. Si va ad esempio dall’Alto Adige Pass” – una carta elettronica che ha una durata di 365 giorni, valida su tutti i mezzi di trasporto pubblico e con un tetto massimo di spesa di 640 euro – alla riapertura delle linee Casale-Mortara e Asti-Alba, della nuova stazione Ferrovie Appulo Lucane ad Avigliano (PZ) per arrivare al progetto “Mi muovo in Emilia-Romagna” con biglietti e abbonamenti a integrazione tariffaria su

Quanta energia produce un impianto fotovoltaico?

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Prima di installare i pannelli fotovoltaici sul tetto è fondamentale dimensionare correttamente l’impianto – affinché sia in grado di fornire – un rendimento adeguato al proprio fabbisogno energetico. In questo approfondimento, vedremo nel dettaglio quanto produce un impianto fotovoltaico in Italia, analizzando i fattori che influiscono sulla resa e fornendo alcuni consigli utili per massimizzare le prestazioni.

DA COSA DIPENDE LA PRODUZIONE DI UN IMPIANTO FOTOVOLTAICO?

Un impianto fotovoltaico è in grado di sfruttare la luce del sole per produrre energia elettrica, grazie alle celle fotovoltaiche che compongono i moduli. Tuttavia, il rendimento dei pannelli fotovoltaici è determinato da vari fattori:

  • tipo di moduli (potenza, materiali, qualità, tecnologie);
  • inclinazione e orientamento dei pannelli;
  • temperatura d’esercizio dell’impianto;
  • irraggiamento solare;
  • condizioni meteorologiche e ambientali.

Queste possibili variabili, ci fanno capire, che i moduli fotovoltaici non sono tutti uguali, ma in base alla:

  • qualità;
  • alla potenza;
  • ai materiali e alle tecnologie integrate.

offrono un certo rendimento di base. Ad esempio, mentre i pannelli fotovoltaici in silicio policristallino hanno un’efficienza intorno al 16-18%, quelli in silicio monocristallino hanno una resa fino al 19-21%.

Lo stesso, vale per l’orientamento e l’inclinazione dei pannelli fotovoltaici, due aspetti fondamentali studiati dai tecnici per garantire il miglior rendimento possibile attraverso una configurazione ottimale dei moduli. Anche la temperatura ambientale incide sulla produzione di energia elettrica dei pannelli fotovoltaici, i quali assicurano la massima efficienza a una temperatura di 25°C.

Un altro fattore che condiziona la resa dell’impianto è l’irraggiamento solare, in genere più elevato al Sud Italia rispetto al Nord. Infine, non bisogna sottovalutare le condizioni ambientali e meteorologiche, considerando che la produzione dei pannelli fotovoltaici in inverno e nelle giornate di maltempo è ridotta in confronto all’estate e ai giorni di bel tempo.

QUANTI KW PRODUCE UN PANNELLO FOTOVOLTAICO?

Come abbiamo visto, la produzione di energia elettrica di un pannello fotovoltaico è piuttosto variabile; infatti, non è costante durante l’anno e la giornata. Per questo motivo, i produttori dei moduli fotovoltaici indicano una stima di rendimento, calcolata in condizioni ottimali di temperatura e irraggiamento solare.

Ad esempio, calcolando quanto produce un pannello fotovoltaico da 100 W si ottiene una media di circa 100-120 kWh di energia elettrica. Tuttavia, la maggior parte dei moduli venduti oggi ha una potenza di 300-400 W, con un rendimento intorno a 500-650 kWh.

QUANTI PANNELLI SONO NECESSARI PER UNA PRODUZIONE DA 4 KW?

La quantità di pannelli fotovoltaici necessaria per ottenere una produzione di 4 kW dipende dalla potenza di ciascun pannello. La potenza è misurata in kilowatt-picco (kWp) e per determinare il numero di pannelli necessari, puoi utilizzare la seguente formula:

Numero di pannelli= Potenza desiderata (kW)∶ Potenza di ciascun pannello (kWp)

Ad esempio, se i pannelli solari che stai considerando hanno una potenza di 300 watt-pico (0,3 kWp) ciascuno, la formula sarebbe:

Numero di pannelli= 4 kW∶ 0,3 kWp/pannello ≈ 13,33 pannelli

Poiché il numero di pannelli deve essere intero, avresti bisogno di almeno 14 pannelli da 300 watt-picco ciascuno per ottenere una produzione totale di 4 kW.

energia solare
Quanto produce un impianto fotovoltaico

QUALE RESA PER OGNI M²?

La resa di un impianto fotovoltaico, espressa in kWp/m², rappresenta la quantità di potenza che può essere generata per ogni metro quadrato di area occupata dai pannelli fotovoltaici. Ad esempio, se hai un impianto da 8 kWp che occupa 40 m², la resa sarà 0,2 kWp/m². Questo indica che in media l’impianto produce 0,2 kWp di potenza per ogni metro quadrato di pannelli solari.

QUANTO PRODUCE IN UN ANNO UN IMPIANTO FOTOVOLTAICO?

Per determinare quanto produce un impianto fotovoltaico basta sommare il rendimento di ogni pannello, ottenendo la stima della resa complessiva dell’impianto. Vediamo alcuni esempi:

  • un impianto fotovoltaico da 3 kW ha un rendimento di circa 11 kWh al giorno di energia elettrica, mentre in un anno è possibile aspettarsi una produzione intorno 500 kWh;
  • uno da 4 kW ha un rendimento giornaliero è di circa 14,7 kWh, con una resa annuale intorno a 300 kWh;
  • con un impianto da 6 kW è possibile ottenere un rendimento medio giornaliero di circa 22 kWh, arrivando in un anno intorno a 000 kWh di energia elettrica;
  • se consideriamo un impianto fotovoltaico da 8 kW, possiamo usare una stima approssimativa di 1.200 kWh prodotti all’anno per ogni kWp (kilowatt-pico) installato in zone con buone condizioni solari. Quindi, per un impianto da 8 kW, la produzione annuale stimata sarebbe di circa 600 kWh.

Uno strumento utile per stimare la produzione di energia elettrica di un impianto fotovoltaico in Italia è la mappa solare dell’Unione Europea, che consente di calcolare in modo semplice e affidabile il rendimento di un impianto nelle varie zone del nostro Paese in base al diverso irraggiamento solare.

Utilizzando questo strumento, considerando la produzione annuale medio-standard di energia solare per una particolare area geografica, è possibile ottenere una stima personalizzata della produzione attesa dell’impianto, sia per sistemi connessi alla rete che off-grid. Per esempio, in un’area con buone condizioni solari, un impianto fotovoltaico da 100 kW potrebbe produrre tra i 120.000 e i 150.000 kWh all’anno.

COME OTTIMIZZARE IL RENDIMENTO DEL TUO IMPIANTO FOTOVOLTAICO

Per aumentare la resa di un impianto fotovoltaico è possibile adottare alcuni accorgimenti utili:

  • installare se possibile una copertura vegetale verde sul tetto, per evitare un innalzamento eccessivo della temperatura di esercizio che riduce il rendimento dei pannelli fotovoltaici;
  • utilizzare gli ottimizzatori fotovoltaici in presenza di ombreggiamenti parziali per migliorare la resa dei singoli moduli;
  • mantenere i pannelli sempre puliti e in buone condizioni;
  • affidarsi a professionisti per garantire una corretta installazione dei moduli fotovoltaici;
  • scegliere pannelli ad alta efficienza come i moduli monocristallini di nuova generazione.

pannelli fotovoltaici di NWG Italia garantiscono prestazioni elevate in termini di efficienza energetica. Inoltre, è possibile usufruire del supporto di professionisti esperti, in grado di individuare eventuali criticità e progettare un impianto correttamente dimensionato e configurato per massimizzare le performance, con assistenza dedicata in ogni fase, dal sopralluogo iniziale alla gestione delle pratiche per l’allaccio alla rete elettrica.

fonte https://www.nwgitalia.it/

NAU! Reloove, il primo negozio di occhiali Nau! usati e sostenibili

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NAU!RELOOVE è il primo negozio di occhiali  NAU! usati. Un progetto di economia circolare nato in casa NAU!, il brand che dal 2005 ha messo al centro le persone, la sostenibilità economica, sociale e ambientale e che dal 2022 compensa la CO2 emessa per realizzare ogni occhiale venduto.

NAU!RELOOVE è un’assoluta novità nel mondo dell’occhialeria: per la prima volta, gli occhiali non seguono il loro tradizionale destino, quello del cassetto o, peggio, dell’indifferenziata, ma ritornano a vivere, pronti a risplendere sul viso di nuove persone!

Il nuovo retail format retail NAU!RELOOVE ha da poco aperto il primo store nel cuore del centro storico di Como, in via Cesare Cantù, ed è un inno all’economia circolare, a partire dagli arredi, rigorosamente di recupero fino al prodotto: occhiali usati da vista e da sole ricchi di colore, pensati per persone gioiose, autentiche, aperte al futuro e consapevoli delle nuove sfide della sostenibilità.

 

 

Gli occhiali usati, raccolti negli oltre 150 negozi italiani del brand, raggiungono la fabbrica NAU! di Castiglione Olona seguendo flussi logistici già esistenti. Qui vengono analizzati e classificati in recuperabili o non recuperabili. Per i recuperabili viene immediatamente avviato un processo di rimessa a nuovo che comprende sanificazione, lucidatura, cambio di viti e naselli, rifacimento delle tampografie, registrazione dell’assetto dell’occhiale ed eliminazione delle vecchie lenti da vista per poter ospitare le nuove lenti, oppure cambio delle lenti da sole. È così che l’occhiale NAU!RELOOVE risponde a tutti i requisiti qualitativi previsti dalle vigenti normative europee ed è contraddistinto dal marchio R©, una scelta stilistica che sintetizza l’anima del progetto: amare ancora. Gli occhiali non più utilizzabili, invece, vengono smaltiti seguendo le corrette procedure previste dalle attuali norme.

NAU!RELOOVE è la nostra rivoluzione circolare, un progetto tutto NAU! che esprime la concretezza che da sempre ci contraddistingue nel percorso per la riduzione del nostro impatto ambientale. Ci sfidiamo ogni giorno per trovare nuovi modi e nuove strade per essere sempre più sostenibili: da qui, è nata l’idea di allungare il ciclo di vita dei nostri prodotti, sfruttando la nostra rete e i nostri flussi logistici, produttivi e distributivi. È così che si è concretizzato NAU!RELOOVE. il primo negozio di occhiali usati, pronti per essere riamati”.  Monica Salvestrin Brogi, Co-Founder di NAU!

Per scoprire NAU!RELOOVE: https://www.nau.it/it/nau-reloove

Mobilità. PNRR: partono i lavori per due tratte della metrotranvia 7 “Interquartiere Nord”

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Assessora Censi: “Nuova importante linea di forza del trasporto pubblico a nord Milano”Le tratte

Sono pronti a partire i lavori per la realizzazione della metrotranvia 7 in due delle tre tratte finanziate con fondi Pnrr per 86,3 milioni di euro complessivi: quella tra Cascina Gobba e il quartiere Adriano e quella tra via Fulvio Testi e il Pronto Soccorso Niguarda.La Metrotranvia Intequartiere Nord, lunga circa 14 chilometri, principalmente in sede protetta, metterà in comunicazione tutti i quartieri nell’area di Milano Nord, collegando la stazione M2 di Cascina Gobba alla stazione FS Certosa e toccando altri importanti punti di interscambio del trasporto pubblico, come la stazione di Bovisa, la M3 ad Affori, l’ospedale Maggiore con la tranvia 4 verso Seregno, la M5 a Bicocca, le Fs a Greco Pirelli e la M1 a Precotto.Attualmente è in esercizio la tratta compresa tra viale Fulvio Testi e via Anassagora, in fase di completamento tra Anassagora e viale Adriano e in fase di progettazione le tratte tra l’ospedale di Niguarda e via Durando e tra Villapizzone e Stazione Certosa FS.I primi lavori che partiranno sono quelli del tragitto che collegherà il quartiere Adriano con la fermata della M2 a Cascina Gobba: l’intervento prevede la realizzazione di un percorso di circa 1,3 km con tre fermate, una passerella di collegamento, a scavalco del Lambro, con la fermata della metropolitana, una ciclabile che affiancherà la metrotranvia. A ciò si aggiunge un tratto di strada, realizzato con fondi comunali, di circa un chilometro che connetterà la rotonda in uscita dalla tangenziale est con via San Mamete.I lavori comportano anche l’abbattimento e la ricostruzione di una parte della rampa che da via Palmanova porta in tangenziale Est, direzione nord, per consentire di allargare il sottopasso di via Padova-via Rizzoli.I lavori dureranno circa un anno e prevedono alcune modifiche alla viabilità e interventi temporanei per ridurre il più possibile i problemi di circolazione.Per un fine settimana, a partire dalle 22 di venerdì 16 febbraio fino alle 5 di lunedì 19 febbraio, sarà interdetto l’ingresso da via Palmanova in tangenziale in direzione nord attraverso l’attuale rampa. Per immettersi si dovrà utilizzare la viabilità alternativa che transita dalla rotonda di via Olgettina, debitamente segnalata.Da lunedì 19 l’accesso sulla rampa di immissione in tangenziale sarà nuovamente consentito attraverso l’apertura di un varco provvisorio. Nello stesso periodo, il sottopasso di via Rizzoli-via Padova, al momento a doppio senso, sarà percorribile solo in direzione nord, per cui anche in questo caso per raggiungere via Rizzoli si dovrà transitare dalla rotonda di via Olgettina.

Nel lotto tra via Fulvio Testi e il Pronto Soccorso di Niguarda sono attualmente in corso le attività di cantierizzazione e nei prossimi giorni ci sarà l’esecuzione della BOB (bonifica ordigni bellici), necessaria per legge ogni volta che si realizza un’infrastruttura in una nuova sede senza costruzioni. Il percorso di questo lotto sarà di circa 1,7 km con tre fermate.Nel complesso saranno messi a dimora oltre 300 nuovi alberi e saranno sistemati ad area verde oltre quattro ettari di terreni.Per quanto riguarda invece la terza tratta finanziata dal Pnrr, quella da piazza Bausan a Villapizzone passando da Bovisa FS, è appena stato giudicato l’appalto e si prevede la partenza dei lavori prima dell’estate.Per tutti e tre i lotti, si prevede il termine dei lavori per giugno del 2026.“Nella nostra città entro due anni e mezzo – spiega Arianna Censi, assessora alla Mobilità –  si aggiungeranno nuovi chilometri di traporto pubblico al servizio dei cittadini e delle cittadine per una mobilità efficiente e rispettosa dell’ambiente. La Metrotranvia Interquartiere Nord è un’opera attesa da tempo che consentirà di collegare i quartieri a nord est con quelli a nord ovest, senza per forza passare dal centro. Sempre grazie ai fondi Pnrr, con cui saranno acquistati 14 tram bidirezionali, le tratte saranno pienamente funzionali non appena terminate”.

ManpowerGroup, dalla transizione verde 30 milioni di posti di lavoro entro il 2030

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Dalla ‘transizione verde‘ del mondo produttivo verranno 30 milioni di posti di lavoro entro il 2030. Lo afferma una ricerca di ManpowerGroup, l’ultima indagine dell’organizzazione, presentata al World Economic Forum di Davos, che ha coinvolto circa 40.000 datori di lavoro e oltre 5.000 persone in 41 Paesi. Secondo il report le aziende sono in difficoltà: il 94% non ha i professionisti necessari e il 75% non trova i talenti di cui ha bisogno per raggiungere i propri obiettivi Esg.

Il percorso verso un’economia più sostenibile dal punto di vista climatico e ambientale, promosso da consumatori, investitori e istituzioni, – spiega lo studio – accelererà la trasformazione verde delle aziende e porterà a un aumento delle opportunità di impiego nell’ambito della sostenibilità, creando fino a 30 milioni di nuovi posti di lavoro nel mondo entro il 2030, aggiungendo che a livello globale solo un lavoratore su otto possiede più di una competenza ‘green’, con l’Italia che è tra i Paesi che presentano le maggiori carenze di competenze. Secondo il report, il 70% delle aziende di tutti i settori pianifica di assumere talenti nell’ambito della sostenibilità, i cosiddetti ‘green jobs’.

Le intenzioni di assunzione più forti (81%) sono state riscontrate nel settore dell’energia e dei servizi pubblici, seguito dai comparti information technology (77%) e servizi finanziari (75%), mentre i talenti verdi più ricercati sono quelli attinenti alle funzioni della produzione (36%), di operations e logistica (31%), IT (30%), vendite e marketing (27%), ingegneria (26%), amministrazione (25%) e risorse umane (25%). Soltanto in Europa, potrebbero essere creati oltre 1,7 milioni di nuovi posti di lavoro verdi entro il 2040 grazie allo sviluppo di molecole verdi, come l’idrogeno e i biocarburanti, nell’ambito della transizione energetica. È quanto emerge dal secondo studio presentato da ManpowerGroup e Cepsa – leader nel settore energetico in Spagna – a Davos,”Green Molecules: The Upcoming Revolution in the European Employment Market”. Tuttavia, il rapporto rivela che la transizione richiederà la riqualificazione e l’aggiornamento del 60% dei professionisti per dotarli delle competenze cruciali necessarie a soddisfare la crescente domanda verde.

Il report parla anche dell’Italia e la colloca – insieme a Spagna e Germania – tra i Paesi che presentano le maggiori carenze di competenze, che devono essere affrontate attraverso la formazione professionale, gli strumenti di mappatura della forza lavoro e i partenariati pubblico-privati. Inoltre, la partecipazione delle donne ai lavori della green economy è in aumento, ma rimane inferiore al 40% nella maggior parte dei Paesi. Fanno eccezione Spagna e Italia, dove si prevede che le donne ricopriranno oltre il 50% dei posti di lavoro verdi diretti entro il 2040.

In Italia, Manpower ha oltre 2.000 posizioni “verdi” aperte negli ambiti di maggiore impatto sul green: efficientamento energetico ed energia elettrica, fotovoltaico, assemblaggio veicoli elettrici nell’automotive Tra le figure più ricercate nell’ambito dell’efficientamento energetico troviamo tecnici manutentori, ingegneri delle infrastrutture e civili e progettisti di impianti, molto richiesti anche nell’ambito del fotovoltaico. In questo settore sono strategici anche i manutentori e gli installatori di impianti. Nel comparto automotive/assemblaggio veicoli elettrici i più ricercati sono i tecnici manutentori, oltre ai tecnici dedicati al controllo di qualità e e agli ingegneri di prodotto. Tuttavia, le competenze verdi scarseggiano, tanto che il 94% dei datori di lavoro a livello globale riconosce di non avere in azienda i professionisti necessari per raggiungere i propri obiettivi ESG e tre quarti (75%) di essi affermano di avere difficoltà a trovare i talenti con le competenze ricercate. Tra i principali ostacoli citati dalle aziende che cercano di progredire nella transizione verde, si evidenziano il reperimento di candidati qualificati (44%), la creazione di programmi di riqualificazione efficaci (39%) e l’identificazione di competenze trasferibili (36%).

“Le aziende, per promuovere la sostenibilità e dotarsi dei profili green di cui hanno sempre più bisogno, devono mantenere le persone al centro. È essenziale che gli sforzi verso tecnologie green siano accompagnati da adeguati investimenti in upskilling e reskilling, riqualificazione e aggiornamento delle competenze” afferma Daniela Caputo, Marketing, Communication e Innovation Director di ManpowerGroup. “Solo così potranno garantire una transizione efficace verso un futuro più sostenibile. I leader d’azienda che pongono l’accento sullo sviluppo delle competenze delle persone come elemento centrale delle loro strategie net-zero possono favorire sia gli azionisti che gli stakeholder. Le aziende che trascurano questo aspetto rischiano di perdere talenti e risorse cruciali”.

Competenze green: un’opportunità per chi le padroneggia

A livello globale, solo 1 lavoratore su 8 possiede più di una competenza “green”. Si tratta di una sfida per i datori di lavoro, ma anche di un’opportunità per i lavoratori: infatti, il tasso di assunzione medio per le persone con almeno una competenza verde è superiore del 29% rispetto alla media, mentre il numero di annunci di lavoro che richiedono almeno una competenza verde è cresciuto del 15% nel 2023 rispetto all’anno precedente. Sotto questo aspetto, si registrano differenze sostanziali a seconda dei diversi gruppi di lavoratori considerati: infatti, mentre il 70% dei ruoli impiegatizi si dichiara pronto ad abbracciare la transizione verde, solo il 57% dei ruoli legati alla produzione afferma lo stesso.

Differenze nell’entusiasmo verso la transizione verde si riscontrano anche a livello settoriale. I lavoratori dei comparti Information Technology (75%) e servizi finanziari e immobiliare (74%) sono i più pronti ad accogliere le prossime trasformazioni in ambito sostenibilità. Allo stesso tempo, i lavoratori dei settori energia e utility (64%) e trasporti, logistica e automotive (62%) sono meno ottimisti.

Differenze generazionali: giovani più ottimisti sulla transizione ecologica

In generale, la maggior parte dei lavoratori è ottimista sulla transizione verde. Anche nel valutare un’opportunità di lavoro, le persone analizzano i progressi che le aziende hanno fatto in campo ambientale, più che le promesse. Si tratta di un fatto psitivo per i datori di lavoro che investono nella costruzione di modelli di business più sostenibili.

A livello generazionale si riscontrano tuttavia delle discrepanze tra lavoratori, con una maggiore attenzione al tema sostenibilità da parte dei più giovani. Se infatti un terzo (32%) delle persone appartenenti alla Gen Z crede che i lavori verdi saranno contraddistinti da una retribuzione più elevata, solo il 14% dei Baby Boomers condivide questo pensiero. Inoltre, il 75% degli appartenenti alla generazione Z svolge ricerche sull’impegno delle aziende in ambito sostenibilità, e il 46% di essi afferma che ciò influisce sulla probabilità di scegliere un determinato datore di lavoro.

Infine, il 71% dei componenti della Gen Z e il 60% dei Millennial ritiene che le iniziative verso un mondo più sostenibile miglioreranno il loro lavoro, rispetto ad appena il 44% dei Baby Boomers. Le generazioni più giovani intravedono anche maggiori opportunità di sviluppo della propria carriera, con il 35% della Gen Z e il 34% dei Millennial che lo considerano uno dei principali vantaggi della transizione. Distinguersi come azienda leader in materia di sostenibilità può dunque fare la differenza nel reclutamento di nuovi talenti.

(Foto: Glenn Carstens-Peters su Unsplash)

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