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Bastano pochi e semplici gesti quotidiani per rendere il nostro modo di vivere più ecologico e rispettoso del pianeta.
Con sostenibilità ambientale si identifica un sistema capace di coniugare la produzione di beni e servizi con la tutela dell’ambiente.
La sostenibilità ambientale oggi è considerata un punto di partenza imprescindibile per definire un nuovo approccio operativo ai modelli di business. Un’evoluzione che contempla oltre mezzo secolo di storia, dai primi movimenti ambientalisti alla definizione dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 dell’ONU.
Il concetto di sostenibilità ambientale è legato intrinsecamente a quello di tutela dell’ambiente, ma negli ultimi anni ha vissuto una profonda evoluzione: si è partiti da una visione centrata quasi esclusivamente sugli aspetti ecologici, per approdare a un significato più ampio che considera, oltre alla dimensione ambientale, anche quella economica e sociale.
Nel mondo scientifico, infatti, con il termine sostenibilità ambientale si indica quell’insieme di meccanismi, condizioni e buone pratiche – economiche, produttive, sociali – in grado di coniugare lo sviluppo di beni e servizi con la tutela dell’ambiente. In quanto è da quest’ultimo che dipendono non solo le nostre attività, ma anche la nostra vita, è necessario trattarlo con rispetto e cura, pensando al soddisfacimento delle necessità del presente in una prospettiva capace di garantire che anche le generazioni future possano godere delle stesse opportunità e risorse.
Il termine “sostenibilità” è stato introdotto nel corso della prima Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente del 1972, per poi essere codificato nel 1987, con la pubblicazione del cosiddetto rapporto Brundtland. Il documento definisce come sostenibile un modello di sviluppo in grado di soddisfare i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri. Una definizione nata dalla presa di coscienza che le risorse del Pianeta non sono infinite, vanno preservate con cura, senza sprechi, rispettando ecosistemi e biodiversità.
La sostenibilità ambientale mira a proteggere gli ecosistemi e le risorse naturali per assicurare la salute e il benessere delle persone, nel presente e nel futuro.
Per questo, intorno al concetto di sostenibilità ambientale gravitano numerose dinamiche e un’ampia gamma di elementi attraverso cui, da una parte, si vuole raggiungere un armonioso rapporto tra ambiente ed economia, e che dall’altra arrivano ad abbracciare i concetti di pace e inclusione sociale, di uguaglianza e rispetto delle diversità, di innovazione tecnologica ed educazione civica.
Il significato di sostenibilità ambientale indica quindi uno degli aspetti chiave del concetto più ampio di sviluppo sostenibile, dal quale nascono tutte le azioni che possono essere inaugurate da istituzioni, aziende, singole persone.
È possibile individuare tre tipologie di sostenibilità: ambientale, economica e sociale.
La sostenibilità ambientale si basa sull’utilizzo responsabile delle risorse naturali. La sostenibilità economica verte sulla capacità di accrescere il benessere materiale delle persone. La sostenibilità sociale, infine, mira a creare un modello di convivenza civica fondato su sicurezza, salute e giustizia.
Dalla sostenibilità ambientale, insomma, dipendono anche la sostenibilità economica e sociale. Le ragioni dell’ambiente non sono in contraddizione con quelle dell’economia: anzi, stimolare lo sviluppo sostenibile della società significa diffondere benessere a un numero maggiore di persone, creare nuove opportunità di crescita e sicurezza in termini occupazionali, aumentare l’accesso a beni, servizi e consumi.
Poiché l’economia gioca un ruolo fondamentale nel determinare il grado di sicurezza e fiducia con cui i cittadini guardano a un modello di convivenza civica, la sostenibilità ambientale diviene anche uno strumento dirimente per contrastare fenomeni come la povertà energetica, la discriminazione, l’emarginazione e l’esclusione sociale.
Ambiente, economia, società: quando si parla di sostenibilità, è impossibile operare una distinzione netta tra queste categorie – anzi, la sostenibilità ambientale nasce con il preciso scopo di inglobare questi concetti in un circolo virtuoso, dove idealmente sono messi nella condizione di progredire in parallelo: non una competizione ma una collaborazione proattiva, dove i traguardi raggiunti da un settore divengono occasione per veicolare nuove modalità di progresso trasversale e condiviso anche negli altri.
Il suo consumo equilibrato permette di portare benefici alla salute e l’impatto ambientale degli allevamenti bovini italiani è virtuoso e contribuisce anche all’incremento delle fonti energetiche rinnovabili.”La carne rossa può essere sostenibile a livello salutistico, economico, ambientale ed etico. Il suo consumo equilibrato permette di portare benefici alla salute e l’impatto ambientale degli allevamenti bovini italiani è virtuoso e contribuisce anche all’incremento delle fonti energetiche rinnovabili”. E’ la posizione dell’Accademia Nazionale di Agricoltura emersa in occasione del convegno ‘Carni rosse: economia, salute e società. Una riflessione’, organizzato dall’Accademia presso la Sala Serpieri di Palazzo della Valle, sede di Confagricoltura a Roma. L’incontro è stato l’occasione per fornire uno sguardo approfondito sull’intera filiera della produzione di carne rossa in Italia, partendo dal comparto zootecnico fino ad arrivare alle qualità nutrizionali del prodotto e al suo impatto ambientale, con l’intenzione di fornire corrette informazioni sulla salute-ambiente A livello ambientale, “il comparto zootecnico, in particolare quello bovino, è considerato il maggiore a impatto climalterante e azotato nell’ambito delle filiere agroalimentari ma, per quanto riguarda l’Italia (dati Ispra), le emissioni riferite a tutta la zootecnia sono al 5,9%, di cui solo il 3,5% è rappresentato dalle carni (esclusi latte e uova), contro il 14,5% su scala mondiale (dati Fao) – analizza l’Accademia – In Italia, allo stesso modo, si utilizza per la produzione di carne il 25% d’acqua in meno rispetto alla media mondiale, con un notevole impatto positivo per l’ambiente”
A livello complessivo, dunque, “l’intero settore delle carni italiano (bovino, avicolo e suino) impiega per l’80-90% risorse idriche che fanno parte del naturale ciclo dell’acqua e che sono restituite all’ambiente come l’acqua piovana, mentre solo il 10-20% dell’acqua necessaria per produrre 1 kg di carne viene effettivamente consumata. Infine, una dimensione non trascurabile dell’impatto economico e ambientale di queste filiere è quello del contributo che esse forniscono, sia pure indirettamente, alla fertilizzazione azotata dei campi oltre che al recupero dei residui carboniosi dei reflui sotto forma di fonti di energetiche rinnovabili (biogas e biometano)”.
Il convegno ha visto la partecipazione di numerosi esperti del settore, professori universitari delle università di Bologna, Cattolica del Sacro Cuore, Sassari e Bari, rappresentanti della Società Italiana di Nutraceutica e della Nutrition Foundation of Italy.
“Gli impatti della carne bovina sono in linea con quelli degli altri prodotti animali e vegetale; oltre il 90% degli alimenti inseriti nel ciclo produttivo – ha sottolineato Giuseppe Pulina, Ordinario di Zootecnia Speciale Università di Sassari – del bovino da carne non sono utilizzabili dall’uomo per cui la filiera mostra una efficienza da 0,6 a 1,0 nella valorizzazione delle sostanze azotate vegetali in proteine nobili animali; i 2/3 dei terreni agricoli sono dedicati al pascolamento in quanto non utilizzabili per colture arative. Esistono ampi margini per ridurre le emissioni degli allevamenti e aumentare i sequestri di carbonio delle superfici a pascolo, che secondo i dati Fao ammonterebbero da 1,7 a 3,4 miliardi di tonnellate di CO2 l’anno, e per portare i sistemi produttivi della carne bovina verso il traguardo net zero fissato dagli accordi Cop26 di Glasgow”.
fonte adnkrons.com