ESG, TRA LE AZIENDE DILAGA IL “GREENHUSHING”

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6 SU 10 NASCONDONO L’IMPEGNO PER LA SOSTENIBILITÀ PER PAURA DELLE ACCUSE DI GREENWASHING.

Il clima di sempre maggiore controllo normativo in ambito di rendicontazione ESG, in cui errori ed eventuali accuse di greenwashing possono comportare multe e danni reputazionali, porta sempre più spesso le organizzazioni a mantenere “segreti” gli obiettivi di sostenibilità e i progressi compiuti per raggiungerli. Il nuovo trend di “non comunicare” o tenere “sotto traccia” le principali pratiche ESG, come svelato anche dal Transparency Index 2024, può costare alle aziende la perdita di enormi opportunità d’investimento e la conseguente fuga dei consumatori. “La trasparenza nelle comunicazioni in ambito ESG rappresenta un enorme vantaggio competitivo” afferma Ada Rosa Balzan, founder, presidente e CEO di ARB SB

La paura del greenwashing fa allontanare le aziende da una rendicontazione trasparente delle principali pratiche adottate in ambito ESG. Secondo quanto svelato dal report Transparency Index 2024, tra le 200 maggiori imprese pubbliche e private degli Stati Uniti e della Gran Bretagna sono infatti quasi 6 su 10 (58%) le realtà che silenziano pubblicamente i loro reali impegni e obiettivi ESG, esponendosi così al rischio di greenhushing, un nuovo trend in base al quale, come svelato anche sulle colonne del Wall Street Journal, le organizzazioni evitano, consapevolmente, di promuovere e comunicare i propri progressi in ambito ESG onde evitare il rischio di subire delle accuse di greenwashing. Con il clima di crescente controllo esercitato da parte delle autorità politiche e regolatorie e la maggiore attenzione dei consumatori verso gli impegni reali, concreti e misurabili intrapresi dalle aziende in tema di sostenibilità, in cui gli eventuali errori e la divulgazione di false informazioni possono comportare multe e seri danni alla reputazione aziendale, le imprese sembrano dunque essere sempre più esitanti di fronte alla prospettiva di promuovere gli sforzi sulle tematiche ESG. Con un patrimonio globale degli asset ESG che, secondo Bloomberg, si prevede che supererà, entro il 2030, i 40mila miliardi di dollari di valore e con l‘85% degli investitori che ritiene che questi ultimi portino a migliori rendimenti e a portafogli resilienti, le aziende che tacciono sui loro progressi in materia di sostenibilità potrebbero dover perdere delle interessanti opportunità d’investimento con la conseguente possibile fuga dai brand da parte dei clienti. Una conferma in questo senso è arrivata dall’ultima edizione del rapporto Sustainability Perceptions Index redatto da Brand Finance, che ha rilevato come i più grandi marchi del mondo stiano perdendo miliardi di dollari di potenziale valore perché non riescono a comunicare adeguatamente i loro risultati e progressi in materia di sostenibilità.

Qualunque sia la ragione di fondo, il greenhushing priva dunque le aziende e, in ultima analisi, i consumatori del valore intrinseco che sta alla base dei programmi e delle iniziative di sostenibilità delle imprese in ambito ESG. Soffocando la condivisione delle conoscenze e limitando la diffusione delle migliori pratiche e delle soluzioni più innovative, il greenhushing ostacola il progresso e la collaborazione a livello di settore, in quanto le organizzazioni non riescono a imparare dai successi, dalle sfide e dagli sforzi in tema di sostenibilità messi in campo dai competitor. “Con le normative emergenti e gli standard di rendicontazione sempre più rigorosi all’orizzonte, vi è per le imprese il potenziale per una comunicazione più trasparente e accurata in merito alle strategie aziendali adottate in tema di ESG – spiega Ada Rosa Balzan, founder, presidente e CEO di ARB SB, società leader nella consulenza di sostenibilità e nella creazione di progetti ad alto valore scientifico – Meno affermazioni ambigue e fuorvianti per i consumatori e gli altri stakeholder, con minori rischi anche per le aziende, si possono avere implementando la conoscenza delle “hard skill” dei principi ESG. I temi di sostenibilità sono relativamente nuovi per la maggior parte delle aziende italiane ed il timore di sbagliare, che fa spesso scegliere di non dire, deriva principalmente dal fatto che non si ha ancora una forte base di conoscenze ed esperienza nel trattare la comunicazione della sostenibilità. Al giorno d’oggi la trasparenza nelle comunicazioni in ambito ESG rappresenta infatti, per le aziende, un enorme e indiscusso vantaggio competitivo, quando queste sono supportate da dati e metodologie solide e riconosciute”, conclude Balzan.

Ecco le 10 C che un’azienda deve possedere per una corretta comunicazione della sostenibilità, secondo il parere degli esperti di ARB SB:

  1. Concretezza: comunicare solo azioni concrete che l’azienda ha intrapreso
  2. Coerenza tra comportamenti che l’azienda adotta e i principi di sostenibilità che comunica
  3. Consapevolezza che devono esserci basi scientifiche solide e riconosciute quando si comunica qualche aspetto ESG
  4. Certificazione: rafforza il messaggio di quanto si sta comunicando avere una certificazione di un ente terzo
  5. Chiarezza: utilizzare un linguaggio semplice e accessibile a tutti
  6. Cultura: essere promotori della diffusione della cultura della sostenibilità verso tutti gli stakeholder
  7. Condivisione sia interna che esterna dei principi che l’azienda ha scelto come obiettivi di sostenibilità
  8. Competenza: avere adeguate competenze interne con conoscenze sui temi della sostenibilità
  9. Comitato di sostenibilità aziendale che guidi la proprietà nelle scelte strategiche sui temi di sostenibilità
  10. Comunicare: prima fare e poi comunicare!

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